rosso malpelo 1

Rosso Malpelo è una novella di Giovanni Verga pubblicata nell'agosto del 1878 ed è il primo esempio del verismo di Verga.

Essa fa parte della raccolta Vita dei campi, che comprende altre sette novelle, tra le più famose di Verga.

La novella narra di Malpelo chiamato così perchè aveva i capelli rossi che, secondo i luoghi co,muni dell'epoca, erano tratti distintivi di un ragazzo malizioso e cattivo.

Lui lavorava in una cava di rena insieme al padre. Nella vicenda il narratore nasconde il vero nome del ragazzo infatti persino la mamma "aveva quasi dimenticato il suo nome di battesimo". A Malpelo vengono attribuiti molti aggettivi dispregiativi per esempio "era davvero un brutto ceffo, torvo, ringhioso, e selvatico" poi il narratore spiega che è la vita ad averlo ridotto così, poiché la mamma lo trascura e la sorella si vergogna di lui; l'unico a fargli sentire qualche forma di affetto era il padre però morto nella stessa cava dove lavora Malpelo, sepolto da un pilastro di rena. Dopo la morte del padre, Malpelo coltiva in sé un dolore che si porterà avanti per sempre, coltiva anche un oscuro spirito di vendetta. Lavora duramente, ma fa di tutto per meritarsi l'appellativo col quale viene chiamato: picchia il suo povero vecchio asino, è cattivo con tutti. Sviluppa anche un rapporto di amore-odio per un ragazzetto arrivato da poco alla cava di nome Ranocchio. Lui, avendo una lussazione del femore, non può fare il manovale però Malpelo lo obbliga a lavorare sottoterra. Malpelo lo picchia, ma gli insegna anche le dure leggi della vita: la continua lotta di tutti contro tutti e la sopravvivenza del più forte. Però un giorno Malpelo colpisce Ranocchio così forte che lui si accascia a terra senza più rialzarsi. Il ragazzo è gravemente malato di tisi, ha una fuoriuscita di sangue e non è più in grado di lavorare. Malpelo, a modo suo, è disperato, lo va a trovare, gli porta del vino e della minestra, ma il ragazzo muore. Malpelo è sempre più solo, poiché la madre e la sorella sono andate a vivere altrove. Il ragazzo dai capelli rossi continua la sua maliziosa vita alla cava. Persino un evaso, capitato a lavorare di nascosto nella cava, preferisce tornare in prigione, reputandola meno disumana di "quella vitaccia da talpa". A Malpelo tocca fare i lavori più difficili e rischiosi, tanto non ha famiglia e di lui non importa niente a nessuno. In una coraggiosa esplorazione del sottosuolo, alla ricerca di un passaggio che colleghi a un pozzo, un giorno Malpelo sparisce, portando con sé gli attrezzi del padre, inghiottito per sempre dalla terra. E ora i ragazzi temono che il suo fantasma si aggiri per la cava, "hanno paura di vederselo comparire dinanzi, coi capelli rossi e gli occhiacci grigi

A me questa novella piace molto in quanto fa capire il perchè a volte si arriva alla violenza, e costituisce un vero e proprio documento storico a testimonianza del lavoro minorile dell' 800. Nel racconto di Verga, dove anche la natura e le cose inanimate mostrano un volto ostile, il lavoro per le classi inferiori è come una maledizione che si tramanda di padre in figlio.