terremoto

Chi c’era, quel 23 novembre del 1980 ricorderà per sempre un'ora: le 19:34. In quegli anni i canali tv si contavano sulle dita delle mani e a quell’ora la Rai trasmetteva un tempo di una delle partite della serie A giocate nel pomeriggio. Chi ne aveva approfittato per una gita fuori porta non poté non notare l’anomalia di una giornata calda, troppo calda per quella stagione. Per circa 90 interminabili secondi la terra tremò in Campania e Basilicata, con epicentro in Irpinia.
In un minuto e mezzo furono rasi al suolo interi paesi con numeri sconcertanti, circa 3000 morti, 9000 feriti, 300 mila sfollati e 150 mila abitazioni distrutte, interi paesi isolati per giorni. Oggi, a 36 anni di distanza, il ricordo di quella giornata e delle settimane che seguirono èo tutt'altro che sbiadito. Lo Stato si trovò impreparato dinanzi ad un disastro inatteso, i soccorsi furono tardivi e insufficienti nonostante lo sforzo immenso messo in campo dai volontari. Dei 119 comuni irpini, furono 99 quelli che riportarono danni alle strutture.
Il sisma fu avvertito pesantemente anche a Napoli dove la gente si riversò in strada in massa per passare la notte. Il tempo ha placato senza molti risultati le furenti polemiche sull’erogazione dei fondi per la ricostruzione e sulle risorse destinate allo sviluppo industriale. Complessivamente, per i comuni colpiti di Campania, Basilicata e Puglia, sono stati stanziati 30 miliardi di euro (dati 2011 della Camera dei Deputati). Resta soprattutto il ricordo dell’impegno dei sindaci nella ricostruzione e quello dei volontari di tutta Italia in uno scenario con caratteristiche post belliche.
Il ricordo dei presenti va anche all'arrivo celere dell’allora Presidente della Repubblica Sandro Pertin, il quale si appellò alle istituzioni con la celebre frase che campeggiò anche sulla prima pagina del quotidiano Il Mattino: “Fate presto”. 36 anni dopo, tra sprechi e inchieste, l’Irpinia e la Basilicata conservano ancora, anche se in parte le tracce di quel disastro.
Lo Stato mise in campo anche un robusto piano per la realizzazione di nuove infrastrutture e aree industriali, con uno stanziamento di circa 13 mila miliardi di lire (circa 6,7 miliardi di euro): 13 in Campania e sette in provincia di Potenza (Baragiano, Isca Pantanelle, San Nicola di Melfi, Tito, Viggiano, Valle di Vitalba, Balvano – a cui si aggiunge quella di Nerico, a cavallo con l’Avellinese). Nelle aree industriali si insediarono centinaia di imprese (un’ottantina delle quali in Basilicata); molte ebbero vita difficile e ormai sono chiuse senza dare continuità a quel progetto di ricostruzione e sviluppo che il legislatore aveva immaginato per il “cratere” del terremoto e i territori che lo circondavano.
Quel grande sforzo però non è stato completamente inutile: alcune grandi aziende sono tuttora in attività (è il caso degli stabilimenti della Ferrero di Balvano e Sant’Angelo dei Lombardi), altre sono arrivate sulla scia di quei programmi (come la Fiat a Melfi) ma soprattutto in quelle aree industriali, tramontato il sogno della grande industrializzazione delle aree interne, sono tuttora in attività decine di piccole medie imprese di imprenditori locali.

Tutti i lucani, anche coloro che non erano ancora nati quel giorno, portano dentro le ferite di una scossa anche interiore. L'arrivo di notizie disastrose dal nostro paese e dall'estero fanno tornare il cuore e la mente lì, a quel 23 novembre 1980. Le scosse distruggono, spaccano terra e case, ma uniscono gli uomini. Noi de La Goccia Junior non vogliamo dimenticare!