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- Scritto da Antonio Ruoti
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L’eroe di questo mese è davvero speciale: Domenico Lorusso. Di lui sapevamo poco, ma abbiamo avuto modo di conoscerlo con i nostri animatori durante uno dei nostri incontri, e la sua storia ci è rimasta nel cuore.
Domenico è un animatore dell’oratorio, ama lo sport (il calcio in particolare), e si fa valere anche nello studio e nella vita professionale: dopo il liceo scientifico si laurea in ingegneria informatica, vince diverse borse di studio e si trasferisce definitivamente in Germania per lavoro.
Ci piace prendere Domenico come modello perché la sua vita è indissolubilmente legata al mondo oratoriano. L’oratorio è per Domenico il luogo in cui “crescere e imparare il senso più profondo della vita: l’amore”. Ogni passo che Domenico muove nel mondo è per amore: amore verso Dio, amore verso i giovani, amore verso il prossimo.
Domenico si prende molta cura della sua anima, della sua fede, che non poche volte viene messa alla prova. A 15 anni perde il padre. “Io credo se ne sia andato per dimostrare che la bilancia dello stare in comunione con Dio pende sempre dal lato giusto, per vedere se sono capace di accogliere le sue idee e trasformarle in azioni concrete, se sono veramente uno dei ragazzi amati dal tanto amato don Bosco”, così scrive nella lettera per il papà, dando prova di grande maturità nella fede.
Qual è il segreto di Domenico? La sua amicizia con Domenico Savio. Segue l’esempio del santo a tal punto che decide di festeggiare il suo onomastico il 6 maggio e non più l’8 agosto. Domenico accoglie ogni ragazzo che varca il cancello dell’oratorio e lo porta a Gesù, proprio come Domenico Savio.
Ad un certo punto della sua vita, però, Domenico deve lasciare Potenza e deve separarsi dall’oratorio. In realtà la separazione non avverrà mai: Domenico cerca un oratorio salesiano ovunque vada, per sentirsi a casa, e porta il suo modo di “essere oratorio” a chiunque incontri sul suo percorso. Ogni giorno continuiamo a scoprire quanto bene, quanto amore Domenico ha seminato nel mondo, senza dire nulla. “Fare il bene senza comparire”, diceva don Bosco, “l’amore è anonimo e non si firma mai”, scrive Domenico.
Domenico è un santo lì dove è, senza farsene vanto, fa del bene per il bene, e per nient’altro. Domenico non fa nulla di straordinario, porta semplicemente tutto se stesso a chiunque lo incontri, niente di più.
La santità, soprattutto a noi ragazzi, appare sempre come irraggiungibile, troppo lontana dalla normalità. Invece Domenico ci parla oggi e ci incita a fare il bene per amore incondizionato, a portare il carisma di don Bosco, come lui ha fatto, in giro per il mondo (anche nel nostro piccolo mondo!). Vediamo ancora Domenico camminare nel nostro cortile, incontrare i ragazzi nelle sale in cui noi ci incontriamo, ed ecco che la santità è più vicina che mai!
Domenico ci insegna ad essere santi lì dove siamo, attraverso la comprensione più profonda della bellezza della vita, che risiede tutta nell’amore.
IL GRUPPO ADS
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- Scritto da Anita Telesca
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Qualche giorno prima della chiusura forzata della redazione, abbiamo sottoposto a una delle nostre interviste anche il coordinatore del giornalino, Antonio Ruoti, per sapere qualcosa di più su “Stoffa di Santità”, un inno speciale a Domenico Savio nell’anno che l’ispettoria IME ha dedicato alla santità giovanile.
Antonio è una persona molto umile che si cimenta in qualsiasi attività gli venga proposta, come è stato anche nel caso della scrittura della canzone “Stoffa di Santità”.
Tutto è cominciato quest’estate a Righio (Sila) per un campo biblico: dopo aver ricevuto dall’ispettore don Angelo Santorsola la richiesta di comporre un inno per quest’anno della santità giovanile, Antonio accetta la sfida, buttandosi – dice lui – in un’avventura del tutto nuova, siccome non si era mai cimentato nella stesura di un testo musicale ma solo nella scrittura di semplici poesie e racconti.
Antonio ci tiene a sottolineare che la preghiera e la meditazione hanno giocato un ruolo fondamentale nella composizione: gli hanno permesso, in poco tempo, di trovare le parole più adatte.
Antonio, ragazzo cresciuto e formato in oratorio, ci parla anche della sua esperienza personale con Domenico Savio. Ci racconta infatti che ha “conosciuto” Domenico circa sette anni fa, quando con i ragazzi del gruppo ADS (Amici di Domenico Savio) si impegnò – con una promessa – a seguire l’esempio del giovane santo nella vita di tutti i giorni, sia dentro che fuori dall’oratorio.
Negli ultimi due anni Antonio ha avuto modo di rafforzare questo rapporto approfondendo e studiando la figura di Domenico Savio ma soprattutto cercando di guardare a Domenico e alla sua esperienza di vita per affrontare tutte le sfide della vita di un adolescente.
“Stoffa di Santità” parla proprio di questo: nella prima strofa ripercorre le tappe fondamentali del percorso di Domenico Savio verso la santità, evidenziandone alcuni aspetti cardinali, come l’incontro con don Bosco e la visione della scritta “Da mihi animas caetera tolle” (“Dammi le anime e toglimi il resto”); nelle altre strofe Antonio prova a raccontare la sua esperienza (che può essere condivisa da altri giovani come lui), l’impatto di Domenico nella sua vita.
Secondo Antonio conoscere l’esempio e la storia di Domenico apre il cuore ad alcuni segreti che hanno fatto Domenico santo: l’umiltà, la purezza, la disponibilità al servizio, la capacità di intuire che il Paradiso non è una semplice meta a cui tendere ed aspirare ma un mondo da costruire tutti i giorni, giorno dopo giorno.
Che cosa vuole lasciare Antonio con l’inno “Stoffa di Santità”? Vuole esprimere gioia (sottolinea come anche il ritmo dell’inno ispira gioia e allegria), trasmettere fiducia in Dio, esortare ad aprire le porte del cuore e della propria vita alla Grazia di Dio, alimentare il desiderio di santità – soprattutto in quest’anno speciale, dedicato alla santità giovanile.
Essere come Domenico Savio, seguire la sua “ricetta” per la felicità, per essere santo #lìdovesei.
Christian Calcagno
Mariadomenica Cioffredi
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- Scritto da Fabio Vaccaro
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Questo mese abbiamo scelto come eroe Chiara Luce Badano. Questa ragazza è un esempio di come noi giovani possiamo vivere l'ordinarietà in modo straordinario.
Chiara Luce è nata il 29 ottobre 1971 a Sassello e sin da giovane ha fatto parte del "Movimento dei focolari (movimento che ha come fine il contribuire all'unità della famiglia umana) e si è dimostrata una ragazza normale.
Intraprese il percorso verso la santità a causa della sua malattia: un cancro. Sin da subito affrontò la malattia con fede e si affidò completamente a Dio. Incominciò a pianificare il suo funerale nei minimi dettagli. Disse a sua madre quale vestito avrebbe dovuto indossare (un abito da sposa), quali canzoni ci sarebbero dovute essere alla celebrazione del suo funerale, disse ai suoi genitori che non avrebbero dovuto piangere ma gioire perchè si sarebbe avvicinita a Dio in paradiso.
Con questo esempio dobbiamo capire come le difficoltà della vita devono essere affrontate con fede e con gioia poichè tutti possiamo andare in paradiso, anche prendendo in considerazione lo slogan di quest'anno..." Puoi essere santo" #lìdovesei.
Questo mese quinidi, ci impegnamo a vivere le difficoltà con fede ed a cercare di raggiungere il livello di santità della nostra Chiara Luce.
ANTONIO LAVANGA
MARIO PARMENTOLA
GIOVANNI LAROCCA
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- Scritto da Antonio Ruoti
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Cari lettori,
come sapete quest’anno – in cui i Salesiani riflettono sul tema “Puoi essere santo #lìdovesei” – abbiamo deciso di presentarvi come “Eroi del mese” alcuni esempi di santità giovanile.
Questo mese abbiamo conosciuto e approfondito la figura di Betty Federici, nata a Castelgrande il 4 novembre 1986, morta a Potenza a soli vent’anni a causa di un’ ipertensione polmonare primitiva. Ha camminato spesso nel cortile del nostro oratorio e noi abbiamo riconosciuto, nel suo modo di vivere le prove della vita, un vero esempio di santità.
Per sapere qualcosa in più sulla sua vita, sulla sua personalità, ci siamo recati direttamente alla casa famiglia che l’ha accolta, “Stella del mattino”, dove abbiamo incontrato suor Giuliana e, in modo particolare, suor Liliana, con la quale Betty aveva un rapporto davvero speciale.
Proveremo, con quest’articolo, a fare sintesi di ciò che abbiamo visto ed ascoltato.
“Una roccia di Castelgrande”
“Betty, come tutti, sperava di poter avere un futuro, delle amicizie, un compagno di vita. Ha sempre affrontato la sua malattia, che dipendeva da una pompa, con una serenità e una forza incredibile: era davvero una ‘roccia di Castelgrande’. Era una ragazza di volontà ferrea, sapeva lottare. Nonostante le sue difficoltà era solare (certo, ha avuto i suoi momenti di scoraggiamento – chi non ne ha nella vita): sapeva sempre affrontare la tristezza e sdrammatizzare quei momenti.”
“Il bisogno della tenerezza”
“Era una grande amicona, legava subito con tutti, aveva un carattere molto aperto e sentiva il bisogno della tenerezza: dove trovava tenerezza, vi si gettava tra le braccia per essere coccolata. Cercava nell’affetto degli altri una spinta per affrontare meglio la giornata e il futuro.”
La spaghettata di mezzanotte
“Ho un ricordo molto particolare di lei. Una sera, erano le undici circa, stavamo guardando una trasmissione televisiva a letto; nella trasmissione stavano preparando una spaghettata e lei mi ha detto: ‘Che bello … come vorrei un bel piatto di spaghetti aglio e olio!’. Allora sono scesa a mezzanotte giù in cucina a preparare gli spaghetti. Porto questo ricordo nel cuore perché ho potuto realizzare un suo desiderio per renderla felice.”
Le poesie
Betty ha scritto diversi componimenti poetici, tra cui uno dedicato proprio a suor Liliana e uno dedicato al salesiano incaricato dell’oratorio in quegli anni. Una in particolare ci ha colpito, perché ci rivela la profonda personalità di Betty e il suo attaccamento alla vita. La poesia si intitola proprio “La vita”.
La vita
La vita è qualcosa di grande
che ci ha donato Dio.
E’ come un petalo profumato
di calore, tenerezza, libertà.
Il vento con la sua forza
porta in alto il petalo profumato
per gridare al mondo
che è pieno d’amore.
Quando smette di soffiare
il petalo si posa sul davanzale
di una finestra
dove incontra una rosa rossa.
E’ calda, pura, bella.
E’ un incontro di passione.
Il petalo profumato e la rosa rossa
sposano
il sogno di vivere e la loro vita insieme.
E’ qualcosa di veramente profondo
che li unisce nel giardino della vita.
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- Scritto da Anita Telesca
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Carlo acutis nato il 3 maggio 1991 cercava di condividere la sua fede con gli altri attraverso l'utilizzo di internet, nel quale era molto esperto. Lui muore il 12 ottobre 2006 per la leucemia, a 15 anni. Era un giovane come tutti gli altri e il suo esempio sarà di monito per tutti i giovani perchè la santità è un incoraggiamento a credere o ad aprirsi ancora di piu con il Signore. Una delle sue frasi più importanti è "l'eucarestia è l'autostrada verso il cielo" infatti lui ha voluto iniziare a prendere l'eucarestia in anticipo, a partire dai 7 anni, tutti i giorni. Questa frase per me significa che l'ecaurestia è la via diretta, senza interruzione, per unirsi a Dio ed anche molta facilità.Un'altra frase importante è "tutti nascono originali ma molti muoiono come fotocopie": ossia tutti nascono con qualcosa che li rende unici, ma molti non seguono fino a fondo la loro particolarità e diventano uguali agli altri. L'originalità di Carlo Acutis è stata proprio la sua fede molto forte e molto sentita, che ha voluto testimoniare fino alla fine in ogni cosa che faceva, mantenendo sempre viva questa originalità senza mai "tradirla" per diventare uguale agli altri.
Carlo Acutis, grazie al grande esempio di santità che diede in vita, è stato dichiarato venerabile ed è sulla strada della beatificazione.
Il tema della santità è un tema molto sentito dalla nostra comunità in quanto è il tema dell'anno pastorale: puoi essere santo #lìdovesei.
Valeria Bochicchio
Francesco Romano
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