TikTok y Twitch: Dos grandes ganadoras de la pandemia mundial - Radiomundo  En Perspectiva

 

Sono le piattaforme social più frequentate del momento e negli ultimi tempi - soprattutto nello scorso anno e in questi mesi - hanno avuto una crescita esponenziale. Parliamo ovviamente di TikTok e Twitch. Cosa sono, qual è la loro funzione e, soprattutto, qual è il segreto del loro successo?

TikTok è un social usato prevalentemente da adolescenti e preadolescenti che permette agli utenti di creare brevi contenuti video di durata massima di 60 secondi e di diverse tipologie (sport, tutorial, balli …), correlati di particolari effetti speciali. Twitch è una piattaforma di streaming (acquistata da Amazon nel 2014) basata soprattutto sul gaming: uno streamer (così si definisce colui che gestisce la diretta) può giocare a un videogame in live oppure semplicemente intrattenere il suo pubblico, la sua community, condividendo tutto ciò che vuole.

Diamo un po’ di numeri: attualmente TikTok ha circa 800 milioni di utenti attivi in tutto il mondo ed è una delle app più scaricate sull’App Store di Apple; il pubblico è molto giovanile, infatti il 41% degli utenti ha tra i 16 e i 24 anni; praticamente ogni giorno un user di TikTok utilizza il social per una media di 52 minuti. Twitch, secondo le ultime statistiche, è visitato da circa 4 milioni di italiani al mese; l’81,5% degli utenti è uomo, e addirittura il 71% è un millennial (l’età media si aggira dunque tra i 18 e i 35 anni). Sia TikTok che Twitch, dallo scorso anno, hanno registrato un boom di accessi e di utilizzo: sono cresciuti rispettivamente almeno del 20,4% e del 18,7% rispetto all’anno precedente.

Sicuramente entrambe le piattaforme hanno i propri vantaggi e i propri svantaggi. Ad esempio TikTok, tra i tanti contenuti, offre al proprio pubblico anche una serie di video informativi e culturali, e piace ai più giovani perché rappresenta per loro un mezzo per esprimersi liberamente e dare sfogo alle proprie passioni; non mancano però alcune criticità legate alla presenza (che l’azienda sta cercando di limitare) di trend pericolosi per i quali si può rischiare la vita inconsapevolmente, e talvolta è capitato. Twitch, dal canto suo, ha come vantaggi sicuramente un’accessibilità molto estesa e la comodità dell'utilizzo: essendo Twitch un'applicazione oltre che un sito, favorisce un uso comodo, anche veloce, che attrae molto i ragazzi; per contro, uno svantaggio è l'eccessivo arbitrio da parte di alcuni streamer che, lavorando su una piattaforma dove quasi tutto è fattibile, non calibrano il peso delle loro parole e utilizzano un linguaggio non costruttivo.

Cosa ha influito sulla loro crescita così repentina ed esponenziale? Stando a ciò che dicono gli stessi utenti delle piattaforme, senz’altro la pandemia ha avuto un impatto decisivo: è aumentato il tempo trascorso sulle piattaforme social e di conseguenza anche la ricerca di spazi più creativi e originali, caratteristiche che a TikTok e Twitch - come abbiamo visto - non mancano. TikTok è tutta basata sugli UGC (User Generated Content), cioè i contenuti che gli stessi utenti creano e pubblicano, grazie a un ampio database di musica, filtri ed effetti speciali. C’è tanta libertà di creazione, di condivisione e anche di visualizzazione, siccome non è nemmeno necessario registrarsi per accedere ai contenuti. Twitch ha come caratteristica fondamentale la capacità di aggregare attorno ai contenuti; la trasparenza è sicuramente un fattore determinante, dal momento che gli utenti (soprattutto i più giovani e per di più in questo periodo di limitate esperienze dal vivo) possono interagire con l’evento come se fossero davvero presenti.

Non si può restare indifferenti al notevole successo che queste piattaforme social hanno riscontrato negli ultimi tempi. Se sia un bene o un male, come sempre, dipende dall’uso prudente che se ne fa e dal comportamento corretto che si ha nella creazione e diffusione dei contenuti. Le potenzialità sono tante e vanno sfruttate nel modo giusto: in questo modo gli svantaggi potranno gradualmente sparire e questi social potranno sempre più aiutarci, soprattutto in periodi come questi in cui spesso la noia la fa da padrona, a migliorare le nostre giornate e a regalarci qualche sorriso in più!

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È presente ormai a tutte le edizioni dei TG, gestisce con la sua squadra la campagna vaccinale più significativa della storia delnostro paese, ed ha attirato l’attenzione di tutti con la placca di “nastrini” sulla sua divisa (si contano almeno 29 onorificenze!). Èovviamente il generale Francesco Paolo Figliuolo, oggi commissario straordinario per l'emergenza Covid-19, che quei “nastrini” se li è conquistati con una lunga e preziosissima carriera nell’Esercito Italiano. Con l’aiuto della sorella Anna, abbiamo ripercorso alcune tappe fondamentali della sua vita per cercare di scoprire gli ingredienti, sotto il profilo umano e professionale, che gli hanno consentito di arrivare lì dov’è ora.

Il generale è nato a Potenza, l’11 luglio del 1961. “Abbiamo vissuto poco tempo insieme – racconta Anna – siccome lui è andato via abbastanza presto (a 18 anni), quindi alcuni ricordi che abbiamo insieme sono leggermente sfumati. Ho un bel ricordo della nostra infanzia, eravamo molto uniti, e io in particolare, la più impavida, mi divertivo a fare scherzi ai miei fratelli. Lui era un gran giocherellone, amava leggere i fumetti”. Tra l’altro Anna ci riferisce anche che il fratello “da ragazzo frequentava spesso l’oratorio dei Salesiani per giocare con i suoi amici del quartiere” (la foto infatti lo ritrae davanti la chiesa di don Bosco proprio con il suo gruppo di amici). Dopo aver concluso gli studi al liceo classico (“era molto studioso, aveva una grande passione per la lettura e lo sport, soprattutto nuoto e sci, di cui è istruttore”), Francesco ha deciso di iscriversi all’Accademia Militare. Anna sottolinea: “Non è una passione che ha avuto sin da piccolo, ma un’idea che ha maturato gradualmente. Papà era sottoufficiale dell’esercito e sicuramente l’ha guidato in questa sceltama allo stesso tempo più volte gli ha sottolineato la difficoltà del percorso militare, quando mio fratello gli manifestava l’intenzione di intraprendere quella strada. Ma alla fine ci è riuscito.

Eccome se ci è riuscito! Dopo l’Accademia Militare ha conseguito ben tre lauree: una in Scienze Politiche presso l’Università di Salerno; una in Scienze Strategiche e relativo Master di 2° livello presso l’Università di Torino; un’altra in Scienze Internazionali e Diplomatiche presso l’Università di Trieste. “Se dovessi descrivere mio fratello con tre parole direi ‘umile, determinato, lavoratore’. Sono questi gli ingredienti che gli hanno permesso di arrivare così in alto, insieme alla sua generosità, al suo essere carismatico, alla sua altissima dedizione al dovere. Ha fatto tanti sacrifici e ha avuto sempre la giusta dose di fortunaUn aspetto che di Francesco ammiro tanto, e che in famiglia ci rende tanto orgogliosi di lui, è l’umanità con cui ha sempre trattato tutti nell’esercito, soprattutto i più giovani, avvicinandosi a loro con semplicità e quasi come se fossero suoi figli. Tutto l’affetto che ha dato gli è sempre stato ricambiato.

Da qualche anno a questa parte, il generale Figliuolo vive a Torino con la moglie Enza ed ha due figli, Salvatore e Federico. Tra i tanti incarichi ricoperti ricordiamo, fino al 5 novembre 2018, quello di Capo Ufficio Generale del Capo di Stato Maggiore della Difesa, e, dal 7 novembre 2018, quello di Comandante Logistico dell’Esercito: da lui dipendono l’ospedale del Celio a Roma e la Sanità Militare, perciò è già da tempo inserito nell’ambiente sanitario.

Il 1 marzo 2021 ha ricevuto dal presidente del consiglio Mario Draghi la nomina a commissario straordinario per l’emergenza Covid-19. “Non abbiamo appreso la notizia direttamente da lui, ma tramite alcuni amici di famiglia e ovviamente in tv. Ci è praticamente piombata addosso dal nulla, e l’abbiamo accolta con grande emozione, certo con qualche preoccupazione, ma contanto tanto orgoglio. Ora è al servizio di tutti noi, e sa perfettamente che da solo non può riuscire in un compito così difficile; è molto credente e quindi spera di essere guidato e illuminato dal Signore. A noi familiari, infatti, ha chiesto solo una preghiera per lui. Ci auguriamo che possa aiutarci, come lui può, ad uscire al più presto da questa triste parentesi di storia”.  

Bentornati! Rieccoci qui a parlare del nostro tanto atteso Contest… Oggi sveleremo il tema di questo progetto, ossia, IL SOGNO!

Abbiamo scelto proprio il sogno come topic perché è il tema dei prossimi anni per la nostra ispettoria meridionale. Per noi salesiani, questo argomento è davvero importante poiché riconduce al sogno fatto da S. Giovanni Bosco all’età do 9 anni, del quale riportiamo il testo:

 

 "All’età di nove anni ho fatto un sogno, che mi rimase profonda­mente impresso nella mente per tutta la vita. Nel sonno mi parve di essere vicino a casa, in un cortile assai spazioso, dove stava raccolta una moltitudine di fanciulli, che si trastullavano. Alcuni ri­devano, altri giocavano, non pochi bestemmiavano. All'udire quelle bestemmie mi sono subito lanciato in mezzo di loro, ado­perando pugni e parole per farli tacere.

In quel momento apparve un uomo venerando, in virile età, nobilmente vestito. Un manto bian­co gli copriva tutta la persona; ma la sua faccia era così luminosa, che io non potevo rimirarlo. Egli mi chiamò per nome e mi ordinò di pormi alla testa di quei fanciulli ag­giungendo queste parole:

- Non con le percosse, ma con la mansuetudine e con la carità do­vrai guadagnare que­sti tuoi amici. Mettiti dunque immediata­mente a fare loro un'istruzione sulla bruttezza dei pec­cato e sulla preziosità della virtù.

Confuso e spa­ventato soggiunsi che io ero un pove­ro ed ignorante fan­ciullo, incapace di parlare di religione a quei giovanetti. In quel momento que' ragazzi c­essando dalle risse, dagli schiamazzi e dalle bestemmie, si raccol­sero tutti intorno a colui che parlava.

 

Quasi senza sapere che mi dices­si, soggiunsi:

- Chi siete voi che mi comandate cosa impossibile?

- Appunto perché tali cose ti sembrano impossibili, devi renderle possibili con l’ubbidienza e con l’acquisto della scienza.

- Dove, con quali mezzi potrò acquistare la scienza? 

- Io ti darò la maestra, sotto alla cui disciplina puoi diventare sapiente, e senza cui ogni sapienza diviene stoltezza.

- Ma chi siete voi, che parlate in questo modo?

- Io sono il figlio di colei, che tua madre ti insegnò di salutare tre volte al giorno.

- Mia madre mi dice di non associarmi con quelli che non conosco, senza suo permesso; perciò ditemi il vostro nome.

- Il mio nome domandalo a mia madre.

 

In quel momento vidi accanto a lui una donna di maestoso aspetto, vestita di un manto, che risplendeva da tutte le parti, come se ogni punto di quello fosse una fulgidissima stella. Scorgendomi sempre più confuso nelle mie domande e risposte, mi accennò di avvicinarmi a lei, mi prese con bontà per mano e mi disse:

- Guarda.

Guardando mi accorsi che quei fanciulli erano tutti fuggiti ed in loro vece vidi una moltitudine di capretti, di cani, orsi e di parecchi altri animali.

- Ecco il tuo campo, ecco dove devi lavorare. Renditi umile, forte e robusto: e ciò che in questo momento vedi succedere di questi animali, tu dovrai farlo per i miei figli. 

Volsi allora lo sguardo ed ecco invece di animali feroci, apparvero altrettanti mansueti agnelli, che, saltellando, correvano attorno belando, come per fare festa a quell’uomo e a quella signora.

A quel punto, sempre nel sonno, mi misi a piangere, e pregai a voler parlare in modo da capire, poiché io non sapevo quale cosa volesse significare. Allora ella mi pose la mano sul capo dicendomi:

- A suo tempo tutto comprenderai.

Ciò detto, un rumore mi svegliò; ed ogni cosa disparve.

lo rimasi sbalordito. Mi sembrava di avere le mani che mi facessero male per i pugni che avevo dato, che la faccia mi dolesse per gli schiaffi ricevuti. Quel personaggio, quella donna, le cose dette e quelle udite, mi occuparono talmente la mente che, per quella notte, non mi fu più possibile prendere sonno."

 

Sac. Giovanni Bosco

 

Dunque, questo sogno, è fondamentale per il Contest perché può esservi sicuramente d’aiuto, stimolare la vostra originalità ed essere d’ispirazione, così da produrre un pensiero o una frase vincente!

Proprio per questo, nel prossimo articolo, parleremo dello svolgimento del Contest e dei premi… Buona giornata e alla prossima!

Giulia Lovallo

Mario Parmentola

Giovanni Larocca

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IL MIO SOGNO Sara Curcio

Conosco il tuo sogno e anche io ne ho uno e vorrei che si realizzasse. Te lo racconto. Il mio sogno è diventare dottoressa e impegnarmi perché tutti i bambini del mondo poveri possono fare tutto quello che possiamo fare noi. Ho questo sogno da quando avevo cinque anni perché volevo rendere il mondo più bello. Io quando sarò dottoressa vorrei lavorare nell'ospedale di Potenza, la città in cui vivo, nel reparto di pediatria per curare le malattie dei bambini, non farli sentire soli e renderli felici anche se si trovano in ospedale. Ogni giorno per andare da loro mi travestirei da pagliaccio e li farei sempre stare insieme con gli altri bambini. Fare la dottoressa è faticoso ma io lo voglio diventare a tutti i costi. Vorrei fare a nome dell' Italia tanti accordi con i paesi del mondo perché tutti i bambini possono andare a scuola, aver una casa e un famiglia e possono essere curati. Viaggerei e andrei in questi paesi per conoscerli di persona e andare a prendere quelli che hanno bisogno di essere aiutati in Italia: li porterei qui con tutta la loro famiglia. Spero che il mio sogno si possa realizzare.

 

IL SOGNATORE Vito Antonio Nella

I compagni di giochi lo chiamavano il Sognatore, ma sua madre sapeva che non erano solo sogni. A nove anni dava l’impressione di star sempre con la testa nelle nuvole, ma sua madre aveva intuito che percepiva il fremito dei cuori e i sussulti nei cervelli degli altri. I sogni di quel ragazzo non trovavano molta corrispondenza nella realtà del suo piccolo borgo di pastori e contadini e i sentimenti delle persone contrastavano spesso con i propri. A sua madre raccontava le visioni e al padre faceva le domande. «Ho sognato un gregge al pascolo sull’altopiano e mentre il pastore era distratto, tutte le pecore se ne andavano dritte verso il burrone. Ad un tratto, proprio da sotto al crepaccio, è risalito un lupo che ha spaventato le pecore e le ha messe in fuga, allontanandole dal pericolo, senza neanche tentare di aggredirle. Non sarebbe tutto più bello se accadesse davvero?» «Certo!» Rispondeva sua madre «Ci vorrebbe qualcuno che facesse andare le cose a rovescio.» «Lo farò io!» Ribatteva convinto il ragazzino e la mamma gli sorrideva, con espressione sempre benevola e incoraggiante, come se ci credesse davvero.

I perché di una realtà così diversa dai suoi sogni li metteva di fronte al padre: «Perché tutti quelli che non sono uguali agli altri vengono scartati?» Gli dispiaceva, infatti, che i ragazzini come lui, con la sola differenza di esser ciechi o sordomuti oppure storpi, non venissero ammessi a giocare con tutti. «Perché i figli della gente più povera si tengono lontani da quelli delle famiglie più ricche?» E ancora: «Perché chi commette uno sbaglio non può più tornare indietro ed essere riaccolto tra la gente perbene?» Suo padre, di mestiere, faceva l’aggiustatore delle cose rotte: tavoli, sedie, panche, porte, finestre, tetti, pareti; molte volte anche delle ossa fratturate di animali e perfino di persone umane, specialmente ragazzini scapestrati. Ma riparare i danni provocati dalla malignità e dalla cattiveria umana non era certo alla sua portata e dunque non aveva risposte convincenti alle domande del suo ragazzo. Perciò anche lui, come tutti i padri, era costretto a rifugiarsi nella solita, eterna e sbrigativa ragione del “così va il mondo”. «E io lo cambierò!» rispondeva il ragazzino con decisione. Tutti i ragazzi vogliono cambiare il mondo, così come tutti i padri sanno che, col tempo, sarà il mondo stesso a raffreddarne gli entusiasmi. Però non era questa l’aspettativa dell’Aggiustatore; lui sapeva per certo che suo figlio avrebbe provato davvero a rivoltarlo, il mondo.

Nei suoi sogni il ragazzo vedeva i pastori e i contadini del borgo sempre pronti a farsi del bene l’uno all’altro. Le disuguaglianze rimanevano tutte, ma non avevano importanza; i ciechi non vedevano, i sordi non udivano, i paralitici non correvano e i poveri non si arricchivano; però la vista, l’udito, la mobilità e la ricchezza degli altri veniva messa a disposizione di chi ne pativa la mancanza. Si sarebbe mai potuto far qualcosa affinché andasse così anche nella vita reale? Se lo chiedeva sempre al risveglio, ma una notte il sogno cambiò di genere; da festoso divenne tragico e Fumonegliocchi precipitò dentro al burrone, dove finisce l’altopiano.

I ragazzini del borgo erano divisi non soltanto dalle disuguaglianze di tipo fisico o dalla classe sociale, ma anche dalle differenze caratteriali. Fumonegliocchi, un ragazzone grande e grosso, era il capo di un gruppetto particolarmente attivo nell’infastidire i piccoli; specialmente quelli più deboli e soprattutto coloro che, dei deboli, osavano ergersi a difensori. Uno soltanto, in verità: il Sognatore; e fu per questo che proprio lui diventò presto il bersaglio preferito di ogni buffonata e di ogni cattiveria, ordinate da Fumonegliocchi ed eseguite dai suoi servetti. Il bravo ragazzo però non se ne faceva cattivo sangue e non si mostrava né mai adirato né turbato, anzi, si prestava al gioco sporco come se fosse un divertente passatempo tra amici.

Il brutto sogno di quella notte lo fece sobbalzare quando ormai era già quasi l’alba. Aveva visto Fumonegliocchi con le sue pecore al pascolo e un agnellino che, uscito dal gregge, correva dritto verso il precipizio. Nel sogno vide il pastorello gettarsi all’inseguimento della bestiola in fuga e lo vide ancora mentre la raggiungeva proprio al limite dell’altopiano e l’afferrava per la coda. A quel punto l’impertinente agnellino, per divincolarsi, scattava in avanti e cadeva nel burrone, portandosi Fumonegliocchi appresso a se. Si svegliò di soprassalto, uscì dal letto e corse fuori di casa in direzione dell’altopiano.

Sua madre non dormiva. L’aveva sentito agitarsi nel sonno e si teneva pronta ad intervenire, ma non fece in tempo a fermarlo. Era stata colta di sorpresa; il suo ragazzo non faceva mai sogni agitati e raccontava soltanto le magnifiche meraviglie di quel mondo creato dalla sua bella immaginazione. Parlava dei sogni come se fossero parte di un progetto da realizzare a compimento del suo destino. Ma l’incubo di quella notte la spaventò molto e svegliò il suo uomo perché corresse dietro al loro figliolo e lo riportasse a casa sano e salvo. L’Aggiustatore non se lo fece ripetere; si buttò giù dal letto, allacciò i sandali in fretta e furia e corse fuori dalla casa. Gli parve di scorgere un’ombra in lontananza e si affrettò in quella direzione. Il chiarore dell’alba prevaleva sulla notte e la sagoma del ragazzo si distingueva sempre più chiaramente, ma non pareva avvicinarsi. Era diretto al limite dell’altopiano, dove la terra si spacca e cade a strapiombo nel torrente. Lo vide spingersi fino al termine del pianoro e poi sparire, come inghiottito dalla terra stessa. Il cuore dell’Aggiustatore si fermò, ma non fino al punto da frenare la sua corsa; c’era un sentiero, poco distante, che portava giù al torrente e vi si diresse. Era scosceso e ripido e non usò prudenza; cadde e rotolò fino in fondo senza neanche tentare di rialzarsi. Si rimise in piedi solo quando sentì l’acqua gelida del torrente.

Un lamento monotono e insistente sovrastava lo scoscio delle acque e guidò l’Aggiustatore fin sul punto che poteva corrispondere alla caduta del suo ragazzo. Ci arrivò col cuore in gola e di ragazzi, sull’argine del torrente ai piedi della parete scoscesa, ne trovò due. Fumonegliocchi stava disteso, lacerato e sofferente; mentre suo figlio, tutto intero e senza neanche un graffio, era chinato di fianco all’altro nell’atto di tamponargli le ferite e incoraggiarlo. Lo screanzato ragazzone era davvero ridotto male: tagli e graffi dappertutto; l’abito stracciato in più parti e, quel che era peggio, l’assoluta e tragica immobilità delle gambe. La disperazione del poveretto risuonava come una triste conferma della terribile disgrazia: «Non sento più le gambe!» ripeteva tra i singhiozzi in angosciante litania. Il Sognatore stringeva forte le sue mani e lo rincuorava fiducioso: «Stai calmo; vedrai che non è niente, tra poco passa tutto!» L’Aggiustatore se ne meravigliò non poco; suo figlio si stava spingendo oltre il dovuto nel generoso tentativo di confortare il disgraziato; secondo lui c’era poco o niente da rassicurare, ne aveva viste troppe di simili condizioni: incidenti di lavoro, cadute da cavallo, ferite di guerra o percosse e bastonate per mille altre ragioni. Una condanna a grave infermità permanente, quasi impossibile da accettare, specialmente per un ragazzo. «Dobbiamo portarlo via di qua.» disse a suo figlio «Cerco dei rami per fare una lettiga e lo riportiamo a casa.»

Dopo che l’uomo si fu allontanato, Fumonegliocchi represse il dolore, afferrò le mani del Sognatore e le strinse con la forza della disperazione; lo guardò fisso negli occhi e gli disse: «Ti ho fatto cose che avrebbero costretto chiunque a gettarsi nel burrone e non ti sei piegato nemmeno di un capello; vorrei sapere dove trovi tanto coraggio e tanta forza, ma ti prego, usali adesso per farmi morire, perché io da solo non ne sono capace.» Il Sognatore sorrise e gli poggiò una mano sulla testa. «Alzarti e cammina!» gli ordinò «E vedrai che ne sei capace. Perché a casa ci devi tornare con le tue gambe. Non vorrai mica che ti ci porti io, comodamente disteso sulla lettiga, neanche fossi il principe d’Egitto!»

La rudimentale lettiga preparata dall’Aggiustatore non servì; Fumonegliocchi, pieno di incredulità e stupore, si alzò da solo e tornò a reggersi perfettamente sulle sue gambe. Non credette mai che la paralisi fosse stata momentanea e passeggera, come aveva cercato di fargli intendere il Sognatore, ma tenne per se l’assoluta certezza di essere stato guarito da una forza soprannaturale e se la portò fino alla morte. Così come fece pure l’Aggiustatore; anche lui era sicurissimo che la colonna vertebrale dell’antipatico pastorello si fosse spezzata di netto e che suo figlio aveva avuto la capacità miracolosa di rimetterla a posto, dopo essersi buttato giù nel torrente, dal burrone a strapiombo, senza riportare neanche un graffio.

Il sole era già alto quando i tre fecero allegramente ritorno a Nazareth. Si chiamava così quel piccolo borgo di pastori e contadini nella terra di Galilea.

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Per quest’anno particolare, diverso dagli altri, noi de La Goccia Junior  abbiamo pensato di proporvi un progetto per potervi coinvolgere, per sapere la vostra e iniziare al meglio questo nuovo anno. La nostra idea consiste in un Contest che premierà la vostra fantasia, la vostra originalità, la vostra creatività. Ovviamente, il Contest è aperto a tutti coloro che volessero partecipare, dai più piccoli ai più grandi. 

Naturalmente, per saperne di più, rimanete aggiornati sul nostro sito, poiché arriverà a breve il continuo del nostro articolo, dove approfondiremo lo svolgimento del progetto in questione.

 Antonio Lavnga 

Giovanni Larocca

Giulia Lovallo

Mario Parmentola